sabato 27 aprile 2013

Little Rolling Heads From Outer Space Vol.1

  CJ@DoubleCube dalle molte facce


Little Rolling Heads From Outer Space (Vol.1)

— Rubrica di critica musicale per teste d’acido, di Televisionhead —

Prima Puntata: CJ@DoubleCube

Il progetto del quale sto parlandovi, ci tengo a dirlo, geograficamente è vicino a chi parla. Iniziamo da lontano parlando di chi e cosa cazzo sto recensendo, intanto. “CJ”, il nostro uomo, ha un passato (e credo un presente) di numetalhead in veste di bassista in bands quali Before We Forget The Pain, The Age Of Libra, e altri che non conosco per un cazzo, visto che non esco di casa se non per pisciare sangue sui cespugli del vicino o per acquistare droga scadente. Fatto sta che CJ non si è fermato a ciò, dando prova d’avere un motivo di essere ascoltato fondando la DOUBLECUBE, che, dice essere il suo piccolo spazio musicale casalingo nel quale mette le sue idee in un fottuto frullatore con altre teste d’acido per partorire ciò che viene fuori dalle sue orge sonore private, credo. L’idea di farsi la musica da se’ mi accarezza i coglioni con un panno tiepido ed umidificato al punto giusto, sapete, quindi inizio il tutto bendisposto dalla filosofia DIY in ballo, Cristodidio.

Inizio a dire che, nelle sei tracce che ho ascoltate c’è “un che” delle “Desert Sessions” di Josh “peldicarota” Homme, valeaddire collaborazioni, jams, scambi, seghini vicendevoli, 69 musicali ed esperimenti, il che mi piace, sapete, voglio dire: voi per “accarezzare la biscia nelle vostre mutande” preferireste scaricarvi filmati di gente che si masturba solitaria su un lavandino pieno di capelli e dentifricio guardando la propria sudaticcia immagine pietosa riflessa nel sudicio specchio oppure una scopata hardcore con turpiloquio e schiaffi forti sulle chiappe come si deve? Esatto, più cervelli in azione possono fare anche del bene, a volte. E’ questo è un caso da prendere in esame.

Inizio col mettere il tasto play su “Rd (ft. C.)” e col soffermarmi sui titoli. E’ come se l’autore mi dicesse intrinsecamente “Oh, bene, ti aspetti un titolo a questo pezzo? Vuoi un titolo? Col cazzo che te lo do, un titolo, figlio di una scorreggia fatta coll’imbuto! Ascolta e taci, nanetto di merda!” E io allora ascolto, zitto e mosca.

Un ritmo di batteria sincopato dal piano di sotto mi dice di attendere, un pianoforte tipo “trip-hop” entra spinto da qualcuno nella scena, mi vedo già a fumare hashish su un letto di dolore con una puttana morta a metà semidistesa sul pavimento, e nei miei occhi c’è qualcosa di vissuto e triste, come un calcio dritto nel mezzo del culo da chi un tempo amavi. Un accenno di voce mi conferma che la vita è una merda ma lo fa in un modo che mi piace, eccoci, come se ora fossi attaccato a un tubo per vivere fissando il soffitto bianco di un anonimo ospedale, ma rivedessi in quel bianco le cose fiche che ho fatto. E’ il pezzo che ogni regista di serie tv drammatiche vorrebbe avere come colonna sonora del dramma finale. C’è un che di andato, in questa traccia, e che non tornerà proprio per un cazzo. Mi piace.

Poi inizia “JamS@2C”, che stavolta non è strumentale, ma lo sembra, perché quando la voce si fa sentire è comunque non vicinissima, come cazzo faccio a spiegarvi, scivola via mano a mano che il groove di basso accompagna la melodia ben spiaccicata ed ben atmosferica delle chitarre. Dice quello che deve dire, la voce, e lascia spazio agli assoli anemici ed armonici, in un fade out che dura un po’. Mi sembra qualcosa di posthardcore, ma non saprò mai cosa. Mi da, cazzo, l’idea di essere un pezzo al centro di un theme album decontestualizzato, non è affatto male, cioè, cazzodicristo, come accidenti ve la spiego, questa… Ecco. Avete presente quando vi imbucate ad un rinfresco e ci sono i tramezzini e voi prendete un maledetto tramezzino, lo addentate e dite “che stracazzo c’è dentro?” ma poi vi scoprite a mangiarne quattro/cinque con un punto interrogativo in testa? Ecco l’effetto che mi fa questa canzone. E’ la mia preferita delle 6 in questione, potrei dire, spazia e viaggia.

è il turno di “H2”, devo dire che sto iniziando ad affezionarmi al modo in cui questi titoli mi mostrano il dito medio. Disorientanti, dio canaglia. Come disorientante è l’introduzione violenta di effetti elettronici massivi, che ti catapultano il cervello a calci nel culo in una spirale di acidità. Sembra di essere in un rave con qualche strumento VERO, per un po’, e il pianoforte è come vedere tua madre in pista mentre sei strafatto di MDMA, che ti dice “tranquillo, orsacchiotto, tutti gli effetti da badtrip delle droghe passano, prima o poi” e ti manda bacini. Ma poi, POI arriva una voce mefistofelica dal fondo del muro sonoro che sembra dire, col cazzo, ciucciabiscie, adesso sei nella merdaccia. Ok, a scanso di stronzate, è un buon pezzo elektroniko.

“Compression test” mi ricorda certi videogame incasina-neuroni frenetici e colorati. E’ un esperimento che sa di esserlo e se ne vanta.

“Will, Lies (Feat C.)” è il pezzo più “canzone” dei sei da me ascoltati. Pianoforte e voce, registrati bene, devo dire. Mi girano un po’ i coglioni perché mi sento un po’ come Rocco Siffredi senza cazzo, voglio dire, potrei dire di più se avessi un album davanti, invece ho davanti una raccolta di pezzi collegati dal fatto di essere scollegati, per cui è come se recensissi il demo di un demo, il che è interessante, perdio, MA per me è difficile come finire Contra per NES ad occhi chiusi camminando sui carboni ardenti mentre un’aragosta tenta di tagliarmi i coglioni con una chela e con l’altra cerca di disturbare il mio joypad per impedirmi di giocare, riuscendoci. Comunque è un pezzo che si pone un obbiettivo e lo raggiunge, vale a dire è orecchiabile, ben registrato, ha una cazzo di struttura e non fa coglionate di sorta. E’ la più razionale delle sei, andando a complicare ancor di più il caos disciplinato delle sessions DoubleCube. D’altra parte chi cazzo lo vuole sentire un progetto lineare e perciò stracciacoglioni?

L’ultimo pezzo è “2He”, che mi ricorda qualcosa di Velvet Acid Christ, o anche qualcosa dei Suicide Commando. Una voce apocalittica salmodia qualcosa mentre siamo tempestati dalla sassaiola elettronica che, però secondo me dura troppo poco per poterci viaggiare agevolmente. Fica la voce di Shiva che scopa un cazzo nucleare alla fine. L’avrei fatta durare di più, la canzone, per accendermici una pipetta e lasciarmici andare come perso in un universo diverso da quello in cui mi ritrovo a vivere quotidianamente. Da ascoltare, come del resto pure le altre, ad alto volume in CUFFIA per assaporarne gli angoli preclusi dal volume “lounge” che soltanto un amante del jazz senza gonadi potrebbe considerare “il volume giusto”.

In definitiva vi raccomando di tenere sott’occhio questo CJ per le possibili evoluzioni che questi suoi progetti potrebbero avere. E’ come nella stronza scena finale di Castaway con quel leccapalle di Tom Hanks che sta in mezzo all’incrocio e chi lo sa dove cazzo andrà, chi lo sa, e tu stai a guardare e la risposta ancora non c’è. Dove andrà il DoubleCube studio attraverso le sue Gang Bangs sonore? Stiamo a vedere, dio porcello, con curiosità e buone aspettative, e nel frattempo, come di consueto, vi lascio il link alla fine della recensione così avete qualcosa da fare dopo il catechismo. Alla prossima, teste d’acido, e ricordatevi di spedire al mio indirizzo facebook i vostri parti artistici (di qualsiasi genere, so tutto) per recensioni più o meno crudeli. Ciao.

:LINKS:

PAGINA FACEBOOK DI TELEVISIONHEAD: http://www.facebook.com/Televisionhead

CANALE SOUNDCLOUD di CJ@DOUBLECUBE: https://soundcloud.com/mp5_hidden

Nessun commento:

Posta un commento