Disordine, contate quante volte dico "cervelli". 

Little Rolling Heads From Outer Space (Vol.5)
— Rubrica di critica musicale per teste d’acido, di Televisionhead —
Quinta Puntata: DISORDINE
— Rubrica di critica musicale per teste d’acido, di Televisionhead —
Quinta Puntata: DISORDINE
E infatti nel disco non si parla mica di caramelle ed elefanti: si parla di prendere a pugni nei coglioni proprio i rappresentanti dell'allegoria in copertina. E' hardcore. O posthardcore, vabè, ma alla fine, chissenefotte di che genere è, ci siamo capiti, tra le righe.
Metto play e il disco inizia con "L'inizio", un intro noncemale con all'inizio quelli che sembrerebbero inequivocabilmente rumori di una sega, vera o finta che essa sia, non ho capito, ma ci stava, cazzo. Per tutto il disco, premetto, ho avuto la sensazione che i Disordine siano un gruppo che in live possa dare il meglio, il che vi sembrerà una cazzata ovvia, ma ovviamente vi sbagliate, stupidini. Hardcore significa anche "Corrono Ginocchia Sbucciate" dei Frammenti, per esempio, che per me è quasi oggettivamente meglio ascoltare da soli, con le mani nascoste in tasca camminando verso casa con file di alberi morti ai lati della strada morta, in inverno, al tramonto. I Disordine invece mi danno l'idea di un concerto estivo, andare a vederli a un festival, così, tirare pugni al vento, bestemmiando contro l'aria. Sto divagando? Sto divagando.
L'intro ci spinge mica con cattiveria verso la seguente "Riparto da Qui", bucherellata da stop & go. La voce in questo pezzo è cattiva ma si contiene, sembrerebbe, per dopo. Mi da l'idea che allo studio di registrazione erano meno incazzati di quando l'hanno scritta, ma non poi troppo, 'nsomma. Le cose si allineeranno di più successivamente, ne "Ad Occhi Chiusi" la voce e la chitarra entrano sole ed assieme, e il messaggio viene sparato fuori da delle incessantemente spennazzanti chitarre ben suonate, hanno qualcosa che mi fa dire, questi Disordine, ecco il punk hardcore. Poche volte l'unione tra questi due cazzi di generi è riconoscibile come in questo disco. La canzone è comprensibile, schematica, mi dispiace segare le palle a chi legge ripetendomi ogni due per tre, ma, porcocazzo, devo farlo: questo gruppo, ne sono certo, live, è il modo corretto di assumerlo, me lo dice la vocina nella testa.. Mi vedo là sotto al palco a scuotere questa mia televisiva testa in prima fila. Perché no?
Sia come sia, inizia la prossima canzone, "Raccontami Ancora". Inizia col piede giusto, continua col piede giusto. Fin'ora la più valente, a mio giudizio. Le lamette strofinate sui bulbi oculari del verso lasciano improvvisamente spazio all'imprevedibile ritornello, eppoi al particolare ponte sonoro tra la prima parte della canzone e la seconda: un calcio nel cazzo. Un pezzo da leccarsi i baffi, semplice ma complesso, cazzuto al punto giusto. I Disordine lo sanno, e continuano a massaggiarci di sberle medio/forti le orecchie (sarà perché non ascolto dischi hardcore se non al volume massimo?) con "Imparare a Nuotare". Di questa mi piace più la musica che non il testo, ma sono cazzi miei.
"Plastica", invece, è un inno all'anti-merda, una canzone che mi è parsa apposto, dopotutto, il cui climax è il ritornello ben azzeccato. Puttana miseria, la plastica non le tollero manco io, metaforica o meno, poco da farci. Detto questo inizio a menarmi il cazzo della mente (o del cervello) per i brevi ma concreti 2 minuti e 10 del pezzo sulle tragiche figure nell'artwork dell'album, me li figuro a mangiarmi le palle ridendomi in faccia, mi incazzo, mi risveglio, è iniziata "Deptford 453", molto bello come pugno in faccia, la tendenza quasi-melodica dell'album è qui contraddetta, ma dura poco. Dura poco? no, nella seguente ed ultima "La Fine", la cazzo di miglior canzone (ma, ohimè, l'ultima), resta abbastanza cattiveria sul fondo del bicchiere, le vertebre della canzone reggono, ci sono un paio di sorprese, le voci sono al loro picco e i cantanti sono 2, è proprio un buon pezzo, soprattutto dopo la relativa oscillazione delle canzoni precedenti, tra melodia ed avere le palle piene del mondo, qui si trova lo sfogo finale del disco, che personalmente avrei voluto il più possibile simile "alla fine".
Ciò non toglie che il disco sia ascoltabilissimo da un pubblico ferrato in materia post/hardcore/punk/anarcho/roba. Personalmente sono triste per la brevità del disco (17 minuti scorrono in frettissima, porcocazzo), ma l'opera del gruppo va presa così com'è, e il mio giudizio è: non un capolavoro, per niente una merda, ma nemmeno un lavoro mediocre, santamadonna, piuttosto un disco che fa piacere avere nella propria collezione di roba hardcore, un giudizio positivo mi esce spontaneo, senza ripensamenti, ecco quà.
Onesto. Mica è poco, cazzo.
Link alla musique dei Disordine: http://disordine.bandcamp.com/
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